UTO UGHI vs GIOVANNI ALLEVI

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Sulle pagine de La Stampa.it di questi giorni ha avuto luogo un alterco ideologico tra il Maestro Uto Ughi e il pianista Giovanni Allevi.

Il primo, che è  il più grande violinista contemporaneo di musica assolutamente classica, ha usato toni forse troppo forti nei confronti del giovane pianista, compositore, scrittore, dipingendo tuttavia un quandro dell’universo musicale molto vicino alla realtà odierna, che vede una netta contrapposizione tra quanto accade nelle classifiche e la musica valida, vogliamo dire colta? Sì colta, ma anche innovativa e nuova. Questa opinione è diffusa ormai tra gli esperti di musica e tra i musicisti. Citando, ad esempio, il musicologo e giornalista Gino Castaldo de La Repubblica  è evidente che “oggi la musica bella è nelle nicchie, non nelle classifiche”.    

Allevi nella sua lettera aperta, pubblicata oggi come replica all’intervista concessa da Ughi il 24/12,  ha usato parole e toni come sempre alleviani e sebbene abbia dato ulteriormente prova del suo ‘diritto’ ad essere considerato un vero musicista sulla carta – cosa che realmente è – risulta essere puerile nelle considerazioni che rimanda a Ughi. Le sue parole, per come vengono utilizzate e per il crescendo emotivo espresso nei suoi pensieri, non riescono a negare quindi le affermazioni di Ughi relative all’esistenza di un potente motore di marketing che fa muovere la sua ‘macchina’. Tuttavia Allevi ha ragione quando dice che  “è necessario uno sforzo creativo a monte, piuttosto che insistere solo sull’educazione musicale, gettando le basi di una nuova musica colta contemporanea, che recuperi il contatto profondo con la gente“. Anche se tali affermazioni dette da lui possono suonare come frasi fatte o meglio come un copione scritto.

In definitiva, il contributo di entrambi è importante in questo momento storico che musicalmente mi preoccupa – anche se si soffre a vedere queste due forti personalità in contrasto. E vorrei invece che nascesse da questo ‘scambio’ qualcosa di utile per sanare la spaccatura che esiste tra quanto proposto dai media e la musica di valore. 

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A seguire i due articoli proposti da la Stampa.

24/12/2008 Sandro Cappelletto per “La Stampa”

ALLEVI SI LEVI DAI PIEDI – VIVA UTO UGHI CHE MASSACRA IL PIANISTA PIÙ POMPATO DAI MEDIA: “IL SUO SUCCESSO MI OFFENDE. UN NANO IN CONFRONTO A HOROWITZ O A RUBINSTEIN” – “non bisogna stancarsi di ricordare che Zucchero non è Beethoven”…

Che spettacolo desolante! Vedere le massime autorità dello Stato osannare questo modestissimo musicista. Il più ridicolo era l’onorevole Fini, mancava poco si buttasse in ginocchio davanti al divo». Uto Ughi non ha troppo apprezzato il concerto natalizio promosso dal Senato della Repubblica che ha avuto come protagonista il pianista Giovanni Allevi.
Il nostro violinista lo ha ascoltato – «fino alla fine, incredulo» – dalla sua casa di Busto Arsizio e ne è rimasto «offeso come musicista. Pianista? Ma lui si crede anche compositore, filosofo, poeta, scrittore. La cosa che più mi dà fastidio è l’investimento mediatico che è stato fatto su un interprete mai originale e privo del tutto di umiltà. Il suo successo è il termometro perfetto della situazione del Nostro Paese: prevalgono sempre le apparenze».
D: Che cosa più la infastidisce di Allevi: la sua musica, le sue parole?
«Le composizioni sono musicalmente risibili e questa modestia di risultati viene accompagnata da dichiarazioni che esaltano la presunta originalità dell’interprete. Se cita dei grandi pianisti del passato, lo fa per rimarcare che a differenza di loro lui è “anche” un compositore. Così offende le interpretazioni davvero grandi: lui è un nano in confronto a Horowitz, a Rubinstein. Ma anche rispetto a Modugno e a Mina. Questo deve essere chiaro».
D: Come definire la sua musica?
«Un collage furbescamente messo insieme. Nulla di nuovo. Il suo successo è una conseguenza del trionfo del relativismo: la scienza del nulla, come ha scritto Claudio Magris. Ma non bisogna stancarsi di ricordare che Beethoven non è Zucchero e Zucchero non è Beethoven. Ma Zucchero ha una personalità molto più riconoscibile di quella di Allevi».
D: C’è più dolore che rabbia nelle sue parole.
«Mi fa molto male questo inquinamento della verità e del gusto. Trovo colpevole che le istituzioni dello Stato avvalorino un simile equivoco. Evidentemente i consulenti musicali del Senato della Repubblica sono persone di poco spessore. Tutto torna: è anche la modestia artistica e culturale di chi dirige alcuni dei nostri teatri d’opera, delle nostre associazioni musicali e di spettacolo a consentire lo spaventoso taglio alla cultura contenuto negli ultimi provvedimenti del governo. Interlocutori deboli rendono possibile ogni scempio, hanno armi spuntate per fronteggiarlo».
D: Che opinione ha di Allevi come esecutore?
«In altri tempi non sarebbe stato ammesso al Conservatorio».
D: Lui si ritiene un erede e un profondo innovatore della tradizione classica.
«Non ha alcun grado di parentela con la musica che chiamiamo classica, né con la vecchia né con la nuova. Questo è un equivoco intollerabile. E perfino nel suo campo, ci sono pianisti, cantanti, strumentisti, compositori assai più rilevanti di lui».
D: Però è un fenomeno mediatico e commerciale assai rilevante.
«Si tratta di un’esaltazione collettiva e parossistica dietro alla quale agisce evidentemente un forte investimento di marketing. Mi sorprende che giornali autorevoli gli concedano spazio, spesso in modo acritico. Anche Andrea Bocelli ha un grande successo, ma non è mai presuntuoso quando parla di sé. Da musicista, conosce i propri limiti».
D: Allevi è giovane. Non vuole offrirgli qualche consiglio?
«Rifletta tre volte prima di parlare. Sia umile e prudente. Ma forse non è neppure il vero responsabile di quello che dice».
D: C’è un aspetto quasi messianico in alcune sue affermazioni, in questa autoinvestitura riguardo al proprio ruolo per il futuro della musica.
«Lui si ritiene un profeta della nuova musica, parla come davvero lo fosse. Nuova? Ma per piacere!».
D: Ma come interpretare questo suo oscuro annuncio: «La mia musica avrà sulla musica classica lo stesso impatto che l’Islam sta avendo sulla civiltà occidentale?»
«Evidentemente pensa che vinceranno Allevi e l’Islam. Vi prego, nessuno beva queste sciocchezze».

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La replica di Allevi al violinista: «Da lui un attacco cieco e violento»

GIOVANNI ALLEVI ROMA
Sono uscito dal Senato alle 15.30, con in tasca una cravatta rossa. Me l’ha regalata un bambino, che era venuto con i genitori per assistere al concerto: «Tienila Giovanni, è tua. L’ho messa per te, per la prima volta in vita mia». Fuori, con mia grandissima sorpresa, ho trovato una grande folla radunata davanti Palazzo Madama, per salutare me e i professori d’orchestra. Ecco, Maestro Ughi, queste sono le immagini indelebili, che resteranno scritte nel mio cuore, indissolubilmente legate a quel concerto. Ora, proprio su questo tavolino, c’è un foglietto spiegazzato con sopra un autografo. Certo, in questi ultimi anni ho avuto l’onore di firmarne tanti. Ma quello che ho qui con me, l’ho voluto io. È l’unico autografo che abbia mai chiesto a un artista. Quella sera di dieci anni fa, me ne tornai al mio monolocale da una gremita Sala Verdi del Conservatorio di Milano, con in tasca quel foglietto, come fosse un gioiello. Non era stato facile nemmeno raggiungere il camerino dell’artista, per un nessuno come me, un anonimo studente in Composizione. Io non avevo amicizie influenti, a stento arrivavo alla fine del mese, affrontavo grandi sacrifici per diplomarmi in Composizione e il biglietto del concerto l’avevo pagato. Ma ora avevo l’autografo di uno dei più valenti violinisti del mondo: lei, Maestro Ughi.

Come ha potuto farmi questo? Come ha potuto sputarmi addosso tanto veleno, proprio il giorno della Vigilia di Natale? Lei si ritiene offeso, e di cosa? Come fa una musica a offendere, se è scritta e suonata con tutta l’anima? Una musica strumentale senza parole? Secondo lei, io non sarei degno di essere ammesso in Conservatorio. In realtà vi ho trascorso i miei migliori anni preparandomi a diventare, con cura, impegno e passione, un compositore di musica contemporanea. Sono diplomato in Pianoforte con 10/10. Sono diplomato in Composizione col massimo dei voti. Ho pubblicato le mie partiture musicali. Sono un dottore in Filosofia, laureato con Lode e ho pubblicato i miei scritti. Il mondo della musica classica è malato. Lei è uno dei pochissimi che è riuscito a viverlo da protagonista, ma forse non immagina cosa vuol dire studiare anni e anni uno strumento musicale per arrivare, sì e no, a insegnare in una scuola privata.

E così, a spartirsi la torta del potere musicale sono in pochi, una casta, impegnata a perpetrare la propria concezione dell’arte e la propria esistenza. È una lobby di potere fatta di protettori e protetti, nascosti nelle stanze di palazzi per molti irraggiungibili. Dalla casta emerge sempre lo stesso monito: «La gente è ignorante, noi siamo i veri detentori della cultura». Ma proprio nelle aule del Conservatorio, analizzando le partiture dei grandi del passato, e confortato dal pensiero di Hegel nella Fenomenologia, ho maturato il convincimento che ogni epoca abbia diritto alla sua musica. Perché costringere il pubblico del nostro tempo a rapportarsi solo a capolavori concepiti secoli fa, e perdere così l’occasione di creare una musica nuova, verace espressione dei nostri giorni, che sia una rigorosa evoluzione della tradizione classica europea? La musica cosiddetta «contemporanea», atonale e dodecafonica, in ogni caso non è più tale, perché espressione delle lacerazioni che agitavano l’Europa in tempi ormai lontani. Ecco allora il mio progetto visionario. È necessario uno sforzo creativo a monte, piuttosto che insistere solo sull’educazione musicale, gettando le basi di una nuova musica colta contemporanea, che recuperi il contatto profondo con la gente. Ho provato a farlo, con le mie partiture e i miei scritti. È stato necessario.

Ci sono voluti altri dieci anni, oltre i venti di studi, e il risultato, per nulla scontato, è stato deflagrante: il pubblico, soprattutto giovane, è accorso ai miei concerti, di pianoforte solo o con orchestra sinfonica, come fossero eventi rock, a Roma e a Milano come a Pechino, New York e Tokyo. Quella musica parla al cuore ma il suo virtuosismo tecnico e soprattutto ritmico richiede esecutori di grande talento. È una musica colta che non può prescindere dalla partitura scritta e che rifiuta qualunque contaminazione, con le parole, con le immagini, con strumenti musicali e forme che non siano propri della tradizione classica. Centinaia di giovani mi scrivono che, sul mio esempio, sono entrati in Conservatorio per studiare uno strumento o per intraprendere la via creativa della composizione. Come la storia dell’Estetica musicale insegna, in tutte le epoche ogni idea nuova ha dovuto faticare per affermarsi, divenendo poi, paradossalmente, la «regola» per i posteri. Quello che è certo è che quando il nuovo avanza fa sempre paura. Da amante di Hegel, quindi, sapevo benissimo che l’ondata di novità avrebbe mandato in crisi il vecchio sistema e che i sacerdoti della casta, con i loro adepti, non potendo riconoscere su di me alcuna paternità, avrebbero messo in atto una criminale quanto spietata opera di «crocifissione di Allevi». «Il suo successo mi offende…», «Le composizioni sono musicalmente risibili…», «È un nano…», ma l’assunto più grave che circola è: «Allevi approfitta dell’ignoranza della gente, attraverso una furba operazione di marketing». Niente di più falso! La mia è una musica classica, perché utilizza il linguaggio colto, la cui padronanza è frutto di anni di studio accademico. La mia è una musica nuova perché contiene quel sapore, quella sensibilità dell’oggi, che nessun musicista del passato poteva immaginare.

«Ogni mattina, quando si leva il sole, inizia un giorno che non ha ancora mai vissuto nessuno», afferma il teologo David Maria Turoldo. La mia non è una musica pop, perché non contempla alcun cantante, alcuna chitarra elettrica e batteria e non usa la tradizione orale, o una scrittura semplificata come mezzo di propagazione. Non c’è alcuna macchinazione, tutto è assolutamente limpido e puro: le persone spontaneamente hanno scelto di seguirmi. Ma bisogna smettere di ritenere ignorante la gente «comune». Il pubblico cui si rivolgeva Mozart nel XVIII secolo era forse più colto del nostro? Mai in Italia ci sono stati tanti studenti di musica come in questi tempi. Se la mia musica l’avesse infastidita, Lei poteva semplicemente cambiare canale. E invece, esprimendo un parere del tutto personale, si è voluto erigere a emblema di un mondo ferito, violento e cieco.

Non sono un presuntuoso, semmai un sognatore, e la mia musica, assieme alle mie intuizioni estetiche, non hanno mai voluto offendere nessuno. Io, a differenza di lei, non ricopro nessun ruolo istituzionale, non ho fatto intitolare nessun Festival a mio nome, non ho potere alcuno nel cosiddetto «mondo della musica», ma ciononostante mi si accusa di essere in un luogo, il cuore di centinaia di migliaia di persone, dove altri vorrebbero essere. Alla luce delle sue parole, sembra paradossale che lei sia Presidente dell’Associazione «Uto Ughi per i giovani». Il grande Segovia diceva: «I giovani compositori hanno fatto la mia fortuna, io la loro». Invece Lei ha scelto la via facile dell’ostruzionismo, dall’alto della sua conclamata notorietà. Quel suo autografo che ho sempre conservato gelosamente, dopo tanti anni, per me ora non conta più niente.

PARCO DELLA MUSICA PER I PICCOLI

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Sottozero
Il Parco del ghiaccio nella Cavea
dal 06/12/2008 al 08/02/2009
Un evento di  
  Natale all’Auditorium

Anche quest’anno Natale all’Auditorium ospiterà la tradizionale pista di ghiaccio a grande richiesta prorogata fino al 8 febbraio, dove sarà possibile pattinare tutti i giorni. Su questa piccola distesa lunare, in questo autentico parco del ghiaccio di 600 metri quadrati, allestito nella Cavea, nel piazzale dedicato a Luciano Berio, all’ombra delle tre astronavi progettate da Renzo Piano, grandi e piccini scivoleranno sulle lame con un allegro sottofondo musicale.   (fonte: www.auditorium.com)

Ingresso pista + noleggio pattini: 8,00 €/ora

Tel. 0680691973

  • dal 6 dicembre al 21 dicembre e dal 7 gennaio all’8 febbraio:
    lun-ven 14-21; dom. e festivi 10-21; Sab. 10-24.
  • dal 22 dicembre al 6 gennaio: tutti giorni 10-21; sab. 10-24
  • 24 dicembre: 10-14
  • 31 dicembre 12-01
  • 1 gennaio: 12-21

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PARCO DELLA MUSICA E ROMA, AMORE ETERNO?

Secondo il più tradizionale dei luogi comuni, il settimo anno è sempre il più difficile. Ci sono sodalizi però che sfidano ogni intemperia. Come il legame forte che ormai da sette natali unisce la città di Roma con il suo bellissimo Auditorium, il Parco della Musica. Più il tempo passa, più mi trovo d’accordo con l’architetto Renzo Piano, che lo ha progettato e che lo definì una vera fabbrica di cultura.

Dal 21 dicembre 2002, data di inaugurazione, l’Auditorium Parco della Musica è diventato un punto di riferimento per la musica e la cultura di Roma, con un pubblico di affezionati in continua crescita ed un livello qualitativo sempre alto.
Questi dati, facilmente reperibili all’interno del sito web molto utile e  funzionale www.auditorium.com, trovano un riscontro reale visitando la struttura.

Grazie ad una organizzazione logistica ottima, la fruibilità dell’offerta è molto elevata. Infatti dal momento dell’acquisto del biglietto a quando ci si ritrova seduti in una delle sale per ascoltarlo, passano veramente pochi minuti. Quelli che servono a comprare  un evento via web, sommati a quelli che passano dall’arrivo in zona  Auditorium al momento di trovare parcheggio. Ed infine gli ultimi brevi instanti per recuparere senza code il biglietto acquistato. Tanto che a volte non mi sembra di essere a Roma.

Qui si trova musica sinfonica e cameristica, jazz, pop, rock, world e tanto altro,  le prime cinematografiche, le rappresentazioni teatrali, le mostre d’arte, le performance letterarie. Festival e rassegne, sfilate di moda, congressi, convegni, incontri di tipo istituzionale.  Una libreria molto fornita. Il museo con esposti più di cento strumenti.

VIRTUAL TOUR dell’AUDITORIUM

Entrando all’Auditorium ho la sensazione di essere nel cuore della musica perchè ogni volta percepisco quella strana elettricità che ne deriva e che, per una persona appassionata come me  può rappresentare energia vitale. Strumenti che passano a destra e sinistra, porte che si aprono lasciando uscire suoni affascinanti tanto che mi vien voglia di seguirli proprio come un goloso farebbe con la scia profumata di una sacher appena sfornata.

JuniORCHESTRA
Sono golosa di musica e qui ho trovato la mia casetta si zucchero e pan pepato. La citazione al mondo delle fiabe  è  voluta  per sottolineare che l’Auditorium è un luogo molto stimolante per i bambini che possono essere coinvolti in molteplici attività anche da protagonisti,  come nel caso de i concerti della  JuniOrchestra, un ensable in cui i ragazzi che vi partecipano imparano la pratica del suonare e del cantare, con la possibilità di esibirsi in grandi produzioni, come nel concerto che si terrà domenica 21 dicembre ore 11 – Sala Santa Cecilia Auditorium Parco della Musica. MORE INFO

FAMILY CONCERT
Nel mattinee domenicale si svolgono i Family Concert destinati ad un pubblico giovane (+ 12) e alle famiglie che intendono avvicinare i figli all’esperienza dell’ascolto musicale. Ogni concerto sinfonico viene introdotto da una presentazione molto utile per capire la musica che poi seguirà. Proprio per la presenza di un pubblico giovanissimo e quindi pieno di energia i concerti non durano mai più di un ora e i prezzi sono molto favorevoli. MORE INFO

Babysitting musicale
Ma la cosa che certamente riceve il plauso di molti genitori è il servizio di Babysitting musicale realizzato dalle curatrici Catia Capua e Paola Laudano in collaborazione con l’Assessorato alla Scuola, alla Famiglia e all’Infanzia. Si svolge nella Sala Studio 1 di SABATO pomeriggio  in relazione ai concerti della stagione sinfonica dell’Accasemia di Santa Cecilia per i bambini dai 4 ai 12 anni. In questo ambiente i musicisti hanno il ruolo di animatori che intrattengono i bimbi con giochi e attività musicali, coreografie e canti ispirati alle musiche eseguite in sala. MORE INFO

Ma non è un sogno di posto? Mi sento fortunata

CLASSICA. ZIMERMAN e CHOPIN

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Da sempre ho considerato la stagione musicale che va dal 1750 alla fine circa del 1800, in Europa, come il punto di svolta della Musica. Anche se non posso non ricordare i grandi virtuosi barocchi (1600-1750), nel periodo successivo, in coincidenza con l’evoluzione  degli strumenti, primo fra tutti il pianoforte, il musicista inizia sa fare ‘tutta un’altra musica’, una vera esplosione di note. Come questa: 

Vodpod videos no longer available. 

Questo è un buongiorno!

La mattina mi piace ascoltare i miei Compositori di allora, che non amo definire classici perchè con Classico si intende un ‘modello’, al quale ispirarsi e dal quale iniziare un persorso musicale. Anche se questa definizione mi trova d’accordo per quanto riguarda ‘il fare musica’, il termine, però, viene anche associato genericamente al concetto di musica ‘colta’, tutta la musica colta… ma che significa,  che tra cento anni anche Lucio Battisti sarà considerato un classico? e quindi inserito, per effetto dello schiacciamento del tempo, in un unico contenitore che raccoglie la memoria del passato. Come se il XVIII e XX secolo fossero la stessa cosa.

No, io preferisco immaginarli come i grandi pionieri delle nuove sonorità – e contraddistiguere le varie epoche per quello che hanno rappresentato con la loro musica. Quindi se Mozart è un classico viennese, Chopin è un romantico. Attraverso l’osservazione delle evidenti differenze tra i vari compositori, è possibile percorrere un viaggio ideale nel costume, nella letteratura e nell’arte dei diversi posti e tempi in cui si sono sviuppati, e comprendere che gli stili musicali sono ben distinti.

Insomma dire che Mozar e Chopin oppure  Haydn e Brahms appartengono ad uno stile musicale è come dire lo stesso di Zappa e Marley.

 

Links:

>STORIA DEL PIANOFORTEfonte Wikipedia

>Krystian Zimerman< fonte Wikipedia