Dr. Anthony Fauci: “Salute pubblica e riapertura delle arti dello spettacolo”

Anthony Fauci
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Essere esclusi dall’accesso alle Arti Performative, aggiunge tristezza alla situazione.

Anthony Fauci
La parte iniziale, tradotta letteralmente, dell’intervento del Dottor Anthony Fauci, ospite della Doris Duke Charitable Foundation, sul tema della riapertura del settore spettacolo dal vivo, Intervento che è possibile ascoltare e vedere per intero su YouTube, e qui a seguire inserito per vostra comodità. Fauci ha parlato di molti temi ‘caldi’ che ci riguardano, come la sicurezza durante gli spettacoli, la possibilità di fare tour, una possibile collaborazione del mondo delle arti performative per la soluzione di alcuni problemi logistici e legati alla vaccinazione. Assolutamente da ascoltare.
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E’ MORTO SEPÚLVEDA E NON L’HO PRESA BENE

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Interessante – pensavo ad alta voce – come molti in rete stiano puntando l’attenzione su un dettaglio della vita privata, un gossip che poi gossip non è, di quel doppio matrimonio con Carmen Yañez, senza dire tutto il resto. Il che ‘fa molto Beautiful’. Ma veramente c’è tanto di più da dire rispetto allo show di parole belle – ma che dico belle? bellissime – dei video CON LE PIÙ BELLE FRASI DI SEPÚLVEDA che oggi in rete saranno virali, per la gioia di chi conta le views. Ma domani cosa leggerete?

Quando queste stesse parole giungono d’improvviso, leggendo una delle storie di Luis Sepúlveda – uno dei pochi scrittori che sa ‘incollare’ il lettore al culo del personaggio e che lo trascina dentro al libro – vi assicuro che si provano sentimenti veri e profondi grazie a parole capaci di cambiare le prospettive, spesso di dare una soluzione o meglio ancora la comprensione. Comunque non resti con le mani in mano.

«Lucho» e «Pelusa» – Luis Y Carmen. IERI E’ MORTO SEPÚLVEDA E NON L’HO PRESA BENISSIMO.

Questo è ciò che scrivo io oggi in suo onore. Io che quando soffro sembro arrabbiata.

Se un uomo nasce profondamente rosso, ci muore pure. Anzi di più. Chi ha occhi per guardare oltre, scopre che una delle ultime cose scritte – forse l’ultima pubblicata ancora in vita, cosa che poi di sicuro scopriremo – è Las mujeres de mi generación, Le donne della mia generazione, di Luis Sepúlveda del 2.3.2020 che trovate su ‘Le Monde Diplomatique’, il posto dove vai quando vuoi sapere cosa sta realmente accadendo e dove Lucho aveva una sua sezione.

Carne de blog Columnas de Luis Sepulveda

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FABIO SENNA, IL CANTAUTORE INGEGNERE DEL SUONO

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NEL PANORAMA MUSICALE ABBIAMO SCOPERTO UNA NUOVA VOCE, FORTE E CHIARA. Conoscete anche voi Fabio Senna, nell’Intervista di Carlo Cammarela.

Fabio Senna, nasce a Roma nel 1986, da bambino inizia a studiare pianoforte e si appassiona alla musica classica. Successivamente impara a suonare la chitarra da autodidatta cominciando a scrivere le prime canzoni adolescenziali. La musica lo conquista in tutte le sue forme, dalla parte artistica a quella tecnica, consegue un master in ingegneria del suono che gli permette di iniziare con più strumenti la produzione delle sue canzoni in autonomia. Da poco è uscito ilo suo singolo “Dimmi perché” che anticipa l’album di prossima uscita. Si tratta di un brano che parte dalla descrizione di una storia d’amore ma ha l’intento di parlare in maniera più estesa dei rapporti di una generazione intera, molto spesso impegnata ad inseguire un’idea di identità o di amore, piuttosto che confrontarsi con quello che la realtà ci pone davanti ogni giorno.

Fabio, per cominciare l’intervista parliamo subito del tuo singolo dal titolo Dimmi Perché. Ci è sembrato un testo carico di emozioni e che allo stesso tempo racconta una storia. Ce lo vuoi descrivere?

La storia con cui si apre il brano è il pretesto per poi parlare delle relazioni in generale. La fine di una storia ha varie motivazioni, in questo caso ho avvicinato la lente di ingrandimento sul confronto, sulla comunicazione, sulla condivisione e nel ritornello il concetto viene esteso ad una generazione, la mia.

Dimmi Perché anticipa l’uscita del tuo album Canzoni. Ci vuoi dare qualche anticipazione su questo tuo nuovo progetto? Continua a leggere

PRONTOPRO, E’ NATO IL PORTALE DEI LIBERI PROFESSIONISTI

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Esiste un nuovo portale molto interessante dedicato al mondo del lavoro, ma soprattutto alle professioni. Un network nuovo ed innovativo che mette in contatto servizi e quindi persone che li offrono con chi il servizio lo sta cercando. Un sistema interessante, veloce e geolocalizzato per avere nel minor tempo possibile quello che cerchi, dall’idraulico al social media manager, se cerchi un servizio qui lo trovi, su Prontopro.it

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ProntoPro, mi ha chiesto di ‘identificarmi’ e di raccontare con maggiori dettagli di cosa si tratta il mio lavoro e provare a spiegare cosa significa esattamente social media manager. Ho risposto alle loro domande e spero di aver almeno un po’ chiarito questi aspetti. Trovate l’intervista divisa in due parti nel loro sito – seguendo i link accesi. Grazie a ProntoPro!  Continua a leggere

CONSIDERAZIONI DELLA FINE DI UN W-END

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Short-lesson di Larry Carlton sulla tecnica blues e jazz

Un altro weekend di musica sta finendo a Roma. Un w-end decisamente influenzato dal ritorno dell’ora solare.  Vi siete divertiti? Me lo auguro. Ma soprattutto, com’era la musica? Dopo anni in cui vi ho raccontato eventi e i loro protagonisti, suggerisco palchi sotto ai quali ascoltare buona musica, mi piacerebbe avere un feedback. E mentre voi ragionate sulla questione, io sto ascoltando alcuni file Mp3 arrivati via mail da Rocco Zifarelli, chitarrista con forti radici rock, blues e jazz. Ha suonato a Roma sabato 27 ottobre. Prima al Brancaleone, nel pomeriggio, dove ha partecipato alla trasmissione radiofonica aperta al pubblico di Radio Popolare  Non vedo l’ora con performance trasmessa anche in diretta su Popolare Roma 103.3, poi la sera alla Centrale Montemartini. Un progetto interessante dal titolo JAZZ ROCK PROJECT, sicuramente una fusione dei due generi più influenti di questa epoca, definizione che lascia pero’ aprire nella mia mente una serie di possibili scenari circa il risultato finale o, per meglio dire, il punto di partenza. Ma per non lasciare nulla all’immaginazione, qualche giorno fa ho preferito mandare a Rocco un paio di domande per capire più a fondo la sua musica e nello specifico la peculiarità di un progetto che si presenta come un qualcosa di innovativo. Dopo un rincorrersi virtuale, oggi pomeriggio Rocco, che ringrazio per il tempo dedicato, essendo molto impegnato, ha registrato le risposte (santi samrtphones) mentre guidava di ritorno dall’areoporto dove suppongo avesse accompagnato i suoi due colleghi nel progetto, i francesi Francio Lassus batteria voce e Romain Labaye al basso. Sto ascoltando e ‘sbobinando’ il suo racconto in cui  mi spiega il suo punto di vista sui generi e sulle loro fusioni e mi racconta della vita di musicista a Parigi e di come sono nate da questo molte cose.  A proposito, se non esistono più le bobine, come si dice per ‘farlo ‘ da mp3?

Quando avevo circa 17 anni un mio amico mi fece ascoltare un altro grande chitarrista del jazz moderno, Mike Stern all’epoca in cui era con Miles Davis. Rimasi folgorato da questa specie di Jimi Hendrix che suonava in maniera completamente nuova ai miei occhi e che utilizzava stranissime armonie. Proprio in quel momento si aprì la mia mente e cominciai ad ascoltare altra musica.

Questo breve estratto è parte del lungo racconto che sarà pubblicato qui nei prossimi giorni. Intanto vi lascio con una video-chicca di Larry Carlton, una delle figure artistiche nominate durante il racconto da Rocco, in cui descrive alcune cartatteristiche della tecnica jazz e blues.

GOSSIP DOMENICALE

Si dice che all’Auditorium di Roma la Lezione di Rock dedicata agli ultimi 50 anni, dalla nascita del genere ai giorni nostri, sia stata una vera bomba. Vedo un gran fermento sulla pagina del Gruppo Facebook con pioggia di ringraziamenti e congratulazioni. Chi non è andato deve aver perso un’occasione. Pero’ non sarà l’ultima. L’anno accademico con i Prof. Assante & Castaldo è appena iniziato e il cammino è lungo. Fra tutti i messaggi mi ha colpito questo di una signora ‘Carissimi Gino Ernesto Assante Castaldo oggi avete fatto una lezione perfetta che ha reso magnifica la giornata, dopo di voi, ricca di progettualità e creatività scaturita grazie alle vostre parole che ancora stimolano riflessioni!’  Il potere della musica è proprio grande. E anche Ernesto e Gino.

di CRISTIANA PIRAINO

CARLO VERDONE A RADIO ROCK

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Photo by Dj Oreste

Oggi Carlo Verdone è stato ospite di Radio Rock, la radio tra le più ascoltate a Roma e nel Lazio (160 mila ascoltatori/giorno medio) e la più ascoltata da Romalive.biz. Erano giorni che aspettavo questo momento annunciato dai vari speaker della radio che si alternano nel palinsesto giornaliero tenendoci compagnia al lavoro, a casa e molto in macchina, sempre con musica di grande livello.

Con accanto Emilio Pappagallo, speaker della mattina, l’attore romano ci ha intrattenuto per oltre un’ora, durante la quale ci è sembrato di parlare con un amico che conosciamo da sempre! Carlo ha riportato alcuni aneddoti della sua vita di attore, come ad esempio l’incontro con Sergio Leone, oppure gli scambi di battute con la Sora Lella, sorella del grande Aldo Fabrizi, che ha raccontato facendone ovviamente  un’imitazione esilarante.

Ha poi risposto alle tante domande e addirittura alle richieste di alcuni ascoltatori che volevano sentire in diretta le voci dei suoi storici personaggi. Insomma Carlo è stato meraviglioso e le centinaia di messaggi arrivati in radio durante la trasmissione dimostrano il grande affetto da parte di Roma per il suo attore numero uno.


Photo by Dj Oreste

Per l’occasione RadioRock ha chiesto a Carlo Verdone di portare una lista di brani ‘preferiti’ da condividere con il pubblico durante il programma. Mi aspettavo che Verdone, essendo un discreto batterista, fosse anche un appassionato di musica, soprattutto Rock, ma è stata una grande sorpresa verificare in diretta il suo livello di conoscenza musicale, dei vari generi e degli artisti stessi. Ha portato una scaletta di pezzi veramente belli e unici. Alcuni dei quali, un paio, ho ascoltato per la prima volta. Inoltre scoprire che abbiamo quasi gli stessi gusti, compresa la simpatica antipatia per Bowie, l’amore incondizionato per i Beatles, e poi ancora l’ammirazione per Jeff  Buckley, Bono Vox, Annie Lennox, Peter Gabriel è stata una bella emozione.

Grazie a  RadioRock. E grazie a Dj Oreste che ci concede la pubblicazione delle due foto di Carlo Verdone scattate negli studi della Radio.

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UTO UGHI vs GIOVANNI ALLEVI

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Sulle pagine de La Stampa.it di questi giorni ha avuto luogo un alterco ideologico tra il Maestro Uto Ughi e il pianista Giovanni Allevi.

Il primo, che è  il più grande violinista contemporaneo di musica assolutamente classica, ha usato toni forse troppo forti nei confronti del giovane pianista, compositore, scrittore, dipingendo tuttavia un quandro dell’universo musicale molto vicino alla realtà odierna, che vede una netta contrapposizione tra quanto accade nelle classifiche e la musica valida, vogliamo dire colta? Sì colta, ma anche innovativa e nuova. Questa opinione è diffusa ormai tra gli esperti di musica e tra i musicisti. Citando, ad esempio, il musicologo e giornalista Gino Castaldo de La Repubblica  è evidente che “oggi la musica bella è nelle nicchie, non nelle classifiche”.    

Allevi nella sua lettera aperta, pubblicata oggi come replica all’intervista concessa da Ughi il 24/12,  ha usato parole e toni come sempre alleviani e sebbene abbia dato ulteriormente prova del suo ‘diritto’ ad essere considerato un vero musicista sulla carta – cosa che realmente è – risulta essere puerile nelle considerazioni che rimanda a Ughi. Le sue parole, per come vengono utilizzate e per il crescendo emotivo espresso nei suoi pensieri, non riescono a negare quindi le affermazioni di Ughi relative all’esistenza di un potente motore di marketing che fa muovere la sua ‘macchina’. Tuttavia Allevi ha ragione quando dice che  “è necessario uno sforzo creativo a monte, piuttosto che insistere solo sull’educazione musicale, gettando le basi di una nuova musica colta contemporanea, che recuperi il contatto profondo con la gente“. Anche se tali affermazioni dette da lui possono suonare come frasi fatte o meglio come un copione scritto.

In definitiva, il contributo di entrambi è importante in questo momento storico che musicalmente mi preoccupa – anche se si soffre a vedere queste due forti personalità in contrasto. E vorrei invece che nascesse da questo ‘scambio’ qualcosa di utile per sanare la spaccatura che esiste tra quanto proposto dai media e la musica di valore. 

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A seguire i due articoli proposti da la Stampa.

24/12/2008 Sandro Cappelletto per “La Stampa”

ALLEVI SI LEVI DAI PIEDI – VIVA UTO UGHI CHE MASSACRA IL PIANISTA PIÙ POMPATO DAI MEDIA: “IL SUO SUCCESSO MI OFFENDE. UN NANO IN CONFRONTO A HOROWITZ O A RUBINSTEIN” – “non bisogna stancarsi di ricordare che Zucchero non è Beethoven”…

Che spettacolo desolante! Vedere le massime autorità dello Stato osannare questo modestissimo musicista. Il più ridicolo era l’onorevole Fini, mancava poco si buttasse in ginocchio davanti al divo». Uto Ughi non ha troppo apprezzato il concerto natalizio promosso dal Senato della Repubblica che ha avuto come protagonista il pianista Giovanni Allevi.
Il nostro violinista lo ha ascoltato – «fino alla fine, incredulo» – dalla sua casa di Busto Arsizio e ne è rimasto «offeso come musicista. Pianista? Ma lui si crede anche compositore, filosofo, poeta, scrittore. La cosa che più mi dà fastidio è l’investimento mediatico che è stato fatto su un interprete mai originale e privo del tutto di umiltà. Il suo successo è il termometro perfetto della situazione del Nostro Paese: prevalgono sempre le apparenze».
D: Che cosa più la infastidisce di Allevi: la sua musica, le sue parole?
«Le composizioni sono musicalmente risibili e questa modestia di risultati viene accompagnata da dichiarazioni che esaltano la presunta originalità dell’interprete. Se cita dei grandi pianisti del passato, lo fa per rimarcare che a differenza di loro lui è “anche” un compositore. Così offende le interpretazioni davvero grandi: lui è un nano in confronto a Horowitz, a Rubinstein. Ma anche rispetto a Modugno e a Mina. Questo deve essere chiaro».
D: Come definire la sua musica?
«Un collage furbescamente messo insieme. Nulla di nuovo. Il suo successo è una conseguenza del trionfo del relativismo: la scienza del nulla, come ha scritto Claudio Magris. Ma non bisogna stancarsi di ricordare che Beethoven non è Zucchero e Zucchero non è Beethoven. Ma Zucchero ha una personalità molto più riconoscibile di quella di Allevi».
D: C’è più dolore che rabbia nelle sue parole.
«Mi fa molto male questo inquinamento della verità e del gusto. Trovo colpevole che le istituzioni dello Stato avvalorino un simile equivoco. Evidentemente i consulenti musicali del Senato della Repubblica sono persone di poco spessore. Tutto torna: è anche la modestia artistica e culturale di chi dirige alcuni dei nostri teatri d’opera, delle nostre associazioni musicali e di spettacolo a consentire lo spaventoso taglio alla cultura contenuto negli ultimi provvedimenti del governo. Interlocutori deboli rendono possibile ogni scempio, hanno armi spuntate per fronteggiarlo».
D: Che opinione ha di Allevi come esecutore?
«In altri tempi non sarebbe stato ammesso al Conservatorio».
D: Lui si ritiene un erede e un profondo innovatore della tradizione classica.
«Non ha alcun grado di parentela con la musica che chiamiamo classica, né con la vecchia né con la nuova. Questo è un equivoco intollerabile. E perfino nel suo campo, ci sono pianisti, cantanti, strumentisti, compositori assai più rilevanti di lui».
D: Però è un fenomeno mediatico e commerciale assai rilevante.
«Si tratta di un’esaltazione collettiva e parossistica dietro alla quale agisce evidentemente un forte investimento di marketing. Mi sorprende che giornali autorevoli gli concedano spazio, spesso in modo acritico. Anche Andrea Bocelli ha un grande successo, ma non è mai presuntuoso quando parla di sé. Da musicista, conosce i propri limiti».
D: Allevi è giovane. Non vuole offrirgli qualche consiglio?
«Rifletta tre volte prima di parlare. Sia umile e prudente. Ma forse non è neppure il vero responsabile di quello che dice».
D: C’è un aspetto quasi messianico in alcune sue affermazioni, in questa autoinvestitura riguardo al proprio ruolo per il futuro della musica.
«Lui si ritiene un profeta della nuova musica, parla come davvero lo fosse. Nuova? Ma per piacere!».
D: Ma come interpretare questo suo oscuro annuncio: «La mia musica avrà sulla musica classica lo stesso impatto che l’Islam sta avendo sulla civiltà occidentale?»
«Evidentemente pensa che vinceranno Allevi e l’Islam. Vi prego, nessuno beva queste sciocchezze».

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La replica di Allevi al violinista: «Da lui un attacco cieco e violento»

GIOVANNI ALLEVI ROMA
Sono uscito dal Senato alle 15.30, con in tasca una cravatta rossa. Me l’ha regalata un bambino, che era venuto con i genitori per assistere al concerto: «Tienila Giovanni, è tua. L’ho messa per te, per la prima volta in vita mia». Fuori, con mia grandissima sorpresa, ho trovato una grande folla radunata davanti Palazzo Madama, per salutare me e i professori d’orchestra. Ecco, Maestro Ughi, queste sono le immagini indelebili, che resteranno scritte nel mio cuore, indissolubilmente legate a quel concerto. Ora, proprio su questo tavolino, c’è un foglietto spiegazzato con sopra un autografo. Certo, in questi ultimi anni ho avuto l’onore di firmarne tanti. Ma quello che ho qui con me, l’ho voluto io. È l’unico autografo che abbia mai chiesto a un artista. Quella sera di dieci anni fa, me ne tornai al mio monolocale da una gremita Sala Verdi del Conservatorio di Milano, con in tasca quel foglietto, come fosse un gioiello. Non era stato facile nemmeno raggiungere il camerino dell’artista, per un nessuno come me, un anonimo studente in Composizione. Io non avevo amicizie influenti, a stento arrivavo alla fine del mese, affrontavo grandi sacrifici per diplomarmi in Composizione e il biglietto del concerto l’avevo pagato. Ma ora avevo l’autografo di uno dei più valenti violinisti del mondo: lei, Maestro Ughi.

Come ha potuto farmi questo? Come ha potuto sputarmi addosso tanto veleno, proprio il giorno della Vigilia di Natale? Lei si ritiene offeso, e di cosa? Come fa una musica a offendere, se è scritta e suonata con tutta l’anima? Una musica strumentale senza parole? Secondo lei, io non sarei degno di essere ammesso in Conservatorio. In realtà vi ho trascorso i miei migliori anni preparandomi a diventare, con cura, impegno e passione, un compositore di musica contemporanea. Sono diplomato in Pianoforte con 10/10. Sono diplomato in Composizione col massimo dei voti. Ho pubblicato le mie partiture musicali. Sono un dottore in Filosofia, laureato con Lode e ho pubblicato i miei scritti. Il mondo della musica classica è malato. Lei è uno dei pochissimi che è riuscito a viverlo da protagonista, ma forse non immagina cosa vuol dire studiare anni e anni uno strumento musicale per arrivare, sì e no, a insegnare in una scuola privata.

E così, a spartirsi la torta del potere musicale sono in pochi, una casta, impegnata a perpetrare la propria concezione dell’arte e la propria esistenza. È una lobby di potere fatta di protettori e protetti, nascosti nelle stanze di palazzi per molti irraggiungibili. Dalla casta emerge sempre lo stesso monito: «La gente è ignorante, noi siamo i veri detentori della cultura». Ma proprio nelle aule del Conservatorio, analizzando le partiture dei grandi del passato, e confortato dal pensiero di Hegel nella Fenomenologia, ho maturato il convincimento che ogni epoca abbia diritto alla sua musica. Perché costringere il pubblico del nostro tempo a rapportarsi solo a capolavori concepiti secoli fa, e perdere così l’occasione di creare una musica nuova, verace espressione dei nostri giorni, che sia una rigorosa evoluzione della tradizione classica europea? La musica cosiddetta «contemporanea», atonale e dodecafonica, in ogni caso non è più tale, perché espressione delle lacerazioni che agitavano l’Europa in tempi ormai lontani. Ecco allora il mio progetto visionario. È necessario uno sforzo creativo a monte, piuttosto che insistere solo sull’educazione musicale, gettando le basi di una nuova musica colta contemporanea, che recuperi il contatto profondo con la gente. Ho provato a farlo, con le mie partiture e i miei scritti. È stato necessario.

Ci sono voluti altri dieci anni, oltre i venti di studi, e il risultato, per nulla scontato, è stato deflagrante: il pubblico, soprattutto giovane, è accorso ai miei concerti, di pianoforte solo o con orchestra sinfonica, come fossero eventi rock, a Roma e a Milano come a Pechino, New York e Tokyo. Quella musica parla al cuore ma il suo virtuosismo tecnico e soprattutto ritmico richiede esecutori di grande talento. È una musica colta che non può prescindere dalla partitura scritta e che rifiuta qualunque contaminazione, con le parole, con le immagini, con strumenti musicali e forme che non siano propri della tradizione classica. Centinaia di giovani mi scrivono che, sul mio esempio, sono entrati in Conservatorio per studiare uno strumento o per intraprendere la via creativa della composizione. Come la storia dell’Estetica musicale insegna, in tutte le epoche ogni idea nuova ha dovuto faticare per affermarsi, divenendo poi, paradossalmente, la «regola» per i posteri. Quello che è certo è che quando il nuovo avanza fa sempre paura. Da amante di Hegel, quindi, sapevo benissimo che l’ondata di novità avrebbe mandato in crisi il vecchio sistema e che i sacerdoti della casta, con i loro adepti, non potendo riconoscere su di me alcuna paternità, avrebbero messo in atto una criminale quanto spietata opera di «crocifissione di Allevi». «Il suo successo mi offende…», «Le composizioni sono musicalmente risibili…», «È un nano…», ma l’assunto più grave che circola è: «Allevi approfitta dell’ignoranza della gente, attraverso una furba operazione di marketing». Niente di più falso! La mia è una musica classica, perché utilizza il linguaggio colto, la cui padronanza è frutto di anni di studio accademico. La mia è una musica nuova perché contiene quel sapore, quella sensibilità dell’oggi, che nessun musicista del passato poteva immaginare.

«Ogni mattina, quando si leva il sole, inizia un giorno che non ha ancora mai vissuto nessuno», afferma il teologo David Maria Turoldo. La mia non è una musica pop, perché non contempla alcun cantante, alcuna chitarra elettrica e batteria e non usa la tradizione orale, o una scrittura semplificata come mezzo di propagazione. Non c’è alcuna macchinazione, tutto è assolutamente limpido e puro: le persone spontaneamente hanno scelto di seguirmi. Ma bisogna smettere di ritenere ignorante la gente «comune». Il pubblico cui si rivolgeva Mozart nel XVIII secolo era forse più colto del nostro? Mai in Italia ci sono stati tanti studenti di musica come in questi tempi. Se la mia musica l’avesse infastidita, Lei poteva semplicemente cambiare canale. E invece, esprimendo un parere del tutto personale, si è voluto erigere a emblema di un mondo ferito, violento e cieco.

Non sono un presuntuoso, semmai un sognatore, e la mia musica, assieme alle mie intuizioni estetiche, non hanno mai voluto offendere nessuno. Io, a differenza di lei, non ricopro nessun ruolo istituzionale, non ho fatto intitolare nessun Festival a mio nome, non ho potere alcuno nel cosiddetto «mondo della musica», ma ciononostante mi si accusa di essere in un luogo, il cuore di centinaia di migliaia di persone, dove altri vorrebbero essere. Alla luce delle sue parole, sembra paradossale che lei sia Presidente dell’Associazione «Uto Ughi per i giovani». Il grande Segovia diceva: «I giovani compositori hanno fatto la mia fortuna, io la loro». Invece Lei ha scelto la via facile dell’ostruzionismo, dall’alto della sua conclamata notorietà. Quel suo autografo che ho sempre conservato gelosamente, dopo tanti anni, per me ora non conta più niente.

FEEDBACK: IRENE GRANDI & PMJO

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Ieri sera a Roma la voce graffiante di Irene Grandi ha incontrato il virtuosismo della PMJO – Parco della Musica Jazz Orchestra – offrendo al pubblico presente uno spettacolo unico. Con un repertorio misto dedicato quasi interamente al Natale, la PMJO diretta molto bene da Maurizio Giammarco ha dimostrato di poter suonare di tutto! La cantante parlando al pubblico ha voluto sottolineare che  la forza della musica può unire generi completamente diversi, per dare vita a momenti di elevato contenuto, proprio come è accaduto ieri su uno dei palchi più importanti dell’Auditorium.

Irene Grandi con questa esibizione conferma il suo bel canto, l’anima decisamente rock e  la grande versatilità.  A metà concerto a sorpresa è arrivato sul palco il pianista Stefano Bollani, per accompagnare con sublime eleganza alcuni brani tra i quali  sono come tu mi vuoi dream a little dream of me, rendendo l’atmosfera veramente magica.

La PMJO, non è stata da meno. Inserendosi qua e la con alcuni assolo, tra i quali molto intenso e perfettamente eseguito quello del sax Gianni Savelli, l’orchestra jazz di Roma ha regalato alcuni momenti molto divertenti, come la versione jazz di Jingle Bell con la quale ha infiammato il pubblico.

Alla fine del concerto ho chiesto a Irene Grandi se ci sono in vista nuovi lavori inediti per il futuro, dato che ormai da un po’ si sta dedicando ad interpretazioni e remake di  brani del passato. Irene ha detto: “per ora mi vorrei riposare un po’, abbiamo lavorato molto intensamente nell’ultimo anno per preparare l’album dedicato al natale Canzoni per Natale e ora mi vorrei prendere una piccola pausa, anche se sto già pensando a qualcosa di nuovo. Per i tempi, credo che ci vorrà almeno un anno e mezzo” 

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Romalive augura a tutti una buona vigilia nel segno del buon cibo e, perchè no, della buona musica di sottofondo come questo brano del grande Satchmo.

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Luis Armstrong – dream a little dream of me